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Io Jane, tu scimpanzé

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Io Jane, tu scimpanzé

Jane Goodall, assieme a Dian Fossey e Birutė Galdikas, è una delle Primates.

Questo il nome dato dal paleoantropologo britannico Luois Leakey alle tre ricercatrici che hanno dedicato la loro vita alla conoscenza, promozione, conservazione e protezione delle grandi scimmie antropomorfe, ridefinendo la relazione fra i primati e l'essere umano.

Ciò che abbiamo in comune con i nostri parenti più prossimi, nella scala evolutiva, non riguarda solo l'aspetto o la fisiologia, ma anche la varietà di comportamenti, emozioni e sentimenti: cooperazione, altruismo, tristezza, gioia, crudeltà.

Una Bambina avventurosa

“C’era una volta un’avventurosa bambina appena uscita da un racconto di fate, custodiva l’animo gentile e un cuore selvaggio.. lei sognava la giungla, i vasti spazi della savana, i fiabeschi animali che li popolavano, le magiche giraffe e i sovrani leoni, le acrobatiche scimmie e i possenti bufali..”.
E' così che il giornalista e divulgatore Massimo Di Forti presenta la piccola Valerie Jane Goodall nella prefazione del suo libro intervista “Io e l’Africa” (Armando Editore, 2016).

Nata il 3 aprile 1934 nel quartiere londinese di Hampstead, allo scoppio della seconda guerra mondiale, Jane e la famiglia si trasferiscono nella dimora vittoriana della nonna materna, non lontano dalla Manica.

Mentre le altre bambine passano il loro tempo a spazzolare i capelli delle bambole, una Jane di appena quattro anni si rifugia nel pollaio per osservare le galline, decisa a scoprire l’origine delle uova.

Le avventure nella giungla selvaggia di un prestante Tarzan, della sua bella fidanzata, un’altra Jane, e le storie dell’immaginifico Dr. Dolittle che parla con gli animali, nutrono la sua fresca fantasia, alimentano il desiderio di vivere in luoghi dove l’incanto e il fascino della natura prendono il posto della claustrofobica civiltà occidentale: “Già, che emozione sarebbe stata poter pranzare con un leone, conversare con un canguro o un rinoceronte, prendere il te con un coccodrillo, chiacchierare con la tigre o gli scimpanzé, e magari prendere una laurea in linguaggio animale...”.

Mamma Vanne

I primi decenni del Novecento non erano tempi in cui una ragazza veniva spronata allo studio delle scienze, ma per Jane le cose andarono diversamente. In questo senso, fu determinante il sostegno di tre figure impareggiabili.

La madre Vanne, ignorando il buon senso di parenti e amici che suggerivano una maggiore prudenza nei confronti delle aspirazioni adolescenziali della figlia, la incoraggiò sempre, in modo incondizionato: “Se hai un Sogno, non rinunciarci”.

E quella donna illuminata e tenace, non si fermò alle parole. Seguì la figlia nelle varie tappe del viaggio in Africa contraendo una malaria devastante, alla quale riuscì tuttavia a sopravvivere, raggiungendo il considerevole traguardo dei novant’anni.

Vanne Goodall “...fu per Jane un punto di riferimento umano, intellettuale e morale insostituibile.”, ma non fu l’unico.

Un azzardo per Leakey

Lo studioso di fama mondiale Louis Leakey, suo mentore e guida, la nomina assistente e nell’estate del 1960 le affida un progetto di ricerca sugli scimpanzé selvatici in Tanzania.

E’ una missione a lungo termine, difficile e pericolosa, e le precedenti spedizioni, apparentemente meglio organizzate, si erano rivelate autentici fallimenti.

Puntando su quella ventiseienne inglese, alle prime armi e priva dei titoli di studio, Leakey attirò su di sé ogni sorta di critica dal mondo accademico.

I fatti dimostrarono che gli altri avevano torto e lui ragione, che non si era sbagliato e che la sua intuizione era quella giusta: “la passione, il coraggio, l’entusiasmo di una giovane outsider avrebbe potuto aprire spazi fino ad allora rimasti impenetrabili ed essere il ponte ideale nel rapporto con quelle scimmie inavvicinabili e almeno quattro volte più forti di un essere umano.”.

Jane nella giungla

Arrivata alla base dell’area del Gombe, l’inesperta Jane si mette al lavoro e, non considerando le scimmie oggetti di studio seriali, assegna una specifica identità personale.

Alcuni anni più tardi, era il 1964, Goodall completerà un master in scienze naturali all’Università di Cambridge. E fu proprio la commissione giudicante a contestare l’attribuzione di nomi propri, anziché semplici codici alfanumerici, come era consuetudine negli studi di etologia.
Non era così per Jane, i suoi scimpanzé si chiamavano Fifi, Goliath, David e, argomentò lei, le emozioni che provano non possono essere rese da un numero.

David Greybeard

E allora, ecco la terza figura importante, quella di David Greybeard, uno scimpanzé adulto delle foreste africane, caratterizzato, come suggerisce il nome, da una singolare barba brizzolata, dotato di straordinaria personalità e propenso a una curiosità che lo rende più temerario di altri.

Sulle colline sovrastanti il Lago Tanganica, per oltre un anno, Jane si dedica all’osservazione a distanza degli scimpanzé, senza riuscire a stabilire con loro un contatto vero.

La giovane ricercatrice non si scoraggia, sa che la prima e più importante legge della natura è quella che impedisce a un animale selvatico di farsi avvicinare da alcun essere vivente, fino a quando sente di potersi fidare senza mettere in pericolo la propria vita.

Come accadde anche a Dian Fossey con l’amato gorilla Digit, un giorno David lasciò che quella “scimmia bianca” si avvicinasse, come mai era successo prima: “con le sue dita nodose, sfiorò la mano di Jane accarezzandola. Era un segno di rassicurazione, che aveva grande importanza tra gli scimpanzé. .. quel gesto avrebbe commosso anche Charles Darwin.”.

Dal suo arrivo, ci volle altrettanto tempo, affinché fosse accettata dall’intero gruppo di scimpanzé.

La natura degli scimpanzé

Nel 1965 Goodall fonda il Gombe Stream Research Centre, attivo ancora oggi.
In quegli anni si conosceva molto poco del comportamento delle grandi scimmie in natura, e il metodo di studio di Goodall, basato essenzialmente sull’osservazione, permise di svelare molti aspetti che avrebbero sorpreso anche gli addetti ai lavori, fornendo una traccia agli altri primatologi.

Gli scimpanzé sono regolati da un sistema sociale complesso, che include conflittualità tra gruppi rivali, ma anche empatia nei confronti di singoli in condizioni di sofferenza. L’adozione collettiva di un cucciolo rimasto orfano ne è un esempio.

E la gestualità, così simile a quella degli umani, come l'abbraccio, il bacio, i colpetti sulla schiena o sulla testa, il solletico, serve a esprimere emozioni, creare legami stretti e duraturi tra i membri della stessa comunità.

Si scopre inoltre che quei primati non sono affatto vegetariani, come si pensava, bensì onnivori, cacciatori e mangiatori non solo di insetti ma anche di piccoli mammiferi.

Infine, ancorché primitivo, queste scimmie hanno un sistema linguistico che comprende più di 120 suoni con significati specifici.

L’altra loro peculiarità consiste nel saper fabbricare e utilizzare utensili, caratteristica ritenuta dagli antropologi del tempo distintiva ed esclusiva dell’essere umano, come nel caso dei ramoscelli lavorati per "pescare" le termiti.
Leakey dichiarò “ora dobbiamo ridefinire il concetto di utensile, e dobbiamo ridefinire il concetto di essere umano, oppure dobbiamo accettare che anche gli scimpanzé siano umani”.

Messaggera di pace

Negli anni Settanta e Ottanta, allarmata da uno sfruttamento intensivo delle risorse minerarie in Africa e dall’impoverimento del territorio dovuto al disboscamento di aree sempre più vaste, nel 1977 fonda il Jane Goodall Institute, un'organizzazione globale senza scopo di lucro, a sostegno di progetti di mantenimento degli habitat degli scimpanzé, attivo nella tutela delle comunità locali, nella promozione dell'ecoturismo, nella costruzione di cliniche mediche e pozzi, nell’insegnamento di metodi di agricoltura sostenibili.

Con il suo instancabile lavoro, Jane Goodall è diventata un simbolo delle battaglie per la conservazione dell’ambiente, dell’educazione e dei diritti umani.
Nel 2002 è stata nominata Messaggero di Pace delle Nazioni Unite e, due anni più tardi, insignita del titolo di Dama dell'Impero britannico dal principe Carlo.

Oggi, all’età di ottantasei anni, Jane Goodall continua a far sentire la propria voce e, nel corso di una recente conferenza, intervistata sulla drammatica emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, ha dichiarato: “La mancanza di rispetto per gli animali ha causato la pandemia". Ma questa è un’altra lunga storia.