Mineralogia, petrografia, geologia

Sezioni scientifiche

Mineralogia, petrografia, geologia

Lo sapevi

che nel 1794 si ipotizzò che sulla superficie terrestre vi fossero oggetti estranei ad essa, provenienti dal cielo?

Nel 1772 vicino a Krasnoyarsk (Siberia), il geologo e zoologo tedesco Peter Pallas trova e descrive un’enorme massa di ferro (680 kg) di dubbia origine.

Già all’inizio del XVIII secolo alcune tribù della Siberia erano a conoscenza della presenza, in queste aree, di un enorme masso di ferro, che si diceva caduto dal cielo, e per questo ritenuto sacro.

Nel 1794, a seguito degli studi del fisico Ernst Florens Friedrich Chladni, venne certificata l’origine extraterrestre del materiale rinvenuto, che prese il nome di “pallasite”, in onore del suo primo scopritore.

“Pioggetta” di sassi a Siena

Nello stesso anno, nella dissertazione Sopra una pioggetta di sassi accaduta nella sera de’ 16 giugno 1794, l’abate camaldolese Ambrogio Soldani descrisse una caduta di pietre in territorio senese, ipotizzandone l’origine extraterrestre.

Dove sono ora quei sassi?

Le collezioni del MRSN conservano frammenti dei campioni delle meteoriti Siena e Krasnojarsk.

Copertina di "Voyages de M.P.S. Pallas", conservato presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino
Da Voyages de M.P:S Pallas, Tomo IV, Pl. IV– Maradan, Parigi, 1793 VERSIONE ITALIANA

Ma cosa sono le meteoriti?

Meteorite (dal greco metéoros) = che sta in aria: corpi che riescono ad attraversare l’atmosfera senza consumarsi completamente e cadono sulla superficie terrestre.

La maggior parte delle meteoriti è rappresentata da frammenti di asteroidi, risultato della reciproca collisione di questi corpi celesti orbitanti attorno al Sole, soprattutto nella “fascia degli asteroidi”, fra Marte e Giove.

Immagine tratta da "Voyages de M.P.S. Pallas", conservato presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino
Da Voyages de M.P:S Pallas, Tomo IV, Pl. IV– Maradan, Parigi, 1793 VERSIONE ITALIANA

Hanno importanza scientifica?

Si tratta di reperti di importanza scientifica eccezionale, in quanto possono fornire indicazioni sulla composizione del sistema solare nelle prime fasi della sua formazione. Ad oggi ne sono state catalogate oltre 60.000, di cui circa la metà rinvenute in Antartide.

Da dove viene il loro nome proprio?

Le meteoriti sono contraddistinte da un nome che deriva, in genere, dalla località o dall’elemento geografico più vicino al punto di ritrovamento. La data associata a una meteorite può essere quella di caduta, se l’evento è stato osservato direttamente, oppure di ritrovamento se avvenuto in un tempo successivo.

La sezione di Mineralogia, Petrografia e Geologia - dettaglio minerale

Quanto sono grandi (o piccole)?

Il peso complessivo della massa originale può variare da pochi grammi fino a oltre 60 tonnellate (meteorite Hoba in Namibia).

Esiste una classificazione?

La classificazione “tradizionale” ordina le meteoriti in tre gruppi, in base alla composizione mineralogica e all’aspetto morfologico:

STONE, IRON E STONY-IRON

  • aeroliti o meteoriti litoidi (da litos = pietra) o stone: costituite essenzialmente da minerali silicatici (ad esempio olivina, pirosseni e plagioclasi). Rappresentano poco più del 95% delle meteoriti note;
  • sideriti (da sideros = ferro) o meteoriti metalliche o iron: sono formate quasi esclusivamente da leghe ferro-nichel, in cui i due elementi sono presenti in proporzioni variabili. Sono circa il 4% delle meteoriti conosciute;
  • sideroliti (letteralmente pietre di ferro) o meteoriti miste o stony-iron: sono costituite da una parte metallica e da una silicatica in misura variabile, più o meno intimamente mescolate. Costituiscono solo lo 0,5% circa delle meteoriti note.

132

collezioni geologico-litologiche provenienti dal Museo di Geologia e Paleontologia dell'Università di Torino: si tratta di 13.138 campioni, per complessivi 26.88 esemplari

16.547

campioni della collezione mineralogica, riportati sul catalogo storico manoscritto

16.400

esemplari costituiscono la collezione mineralogica, costantemente incrementata da donazioni e raccolte effettuate dal personale del museo

500

esemplari compongono le raccolte geologico-litologiche, che comprendono 600 sezioni sottili per lo studio delle rocce

800

sezioni sottili di rocce da tutto il mondo collezionate dal prof. G. Spezia, direttore del Museo di Mineralogia e Petrografia dell'Università di Torino tra il 1878 e il 1911

4.000

campioni della collezione giacimentologica

500

campioni della raccolta storica “Sardegna”, realizzata dal generale A. Ferrero della Marmora

Da cosa sono costituite le collezioni della sezione?

Da campioni di minerali e rocce, campionature di trafori, plastici e modelli tridimensionali, strumenti, attrezzature minerarie e di laboratorio.

La loro storia è interessante?

La storia delle meteoriti presenti al MRSN segue di pari passo quella delle raccolte mineralogiche e geologiche, che si sono progressivamente formate a partire dal 1739, anno di istituzione del Museo dell'Università di Torino, attraverso acquisti, lasciti, donazioni, scambi e raccolte gestite da scienziati e ricercatori.

Tra questi spiccano i nomi di Étienne Borson, primo Direttore del Museo di Mineralogia dell'Università di Torino e di Angelo Sismonda, suo successore, che ampliò le collezioni e riorganizzò la catalogazione secondo un sistema tuttora in uso. Sismonda realizzò anche importanti acquisizioni e curò numerosi scambi con i grandi Musei mineralogici dell'epoca.

Nel 1878 la Direzione passò al mineralogista Giorgio Spezia, che ampliò l'opera del suo predecessore. Alla fine del XIX secolo, il Regio Museo Mineralogico di Torino, ricco di oltre 15000 campioni, era considerato fra i più importanti d'Europa.

Dopo una lunga fase di quiescenza, nel 1980 la collezione fu ceduta al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, che ha successivamente acquisito più di 15000 nuovi campioni di minerali. La collezione ammonta attualmente a oltre 65000 esemplari tra minerali, rocce e meteoriti.

Le raccolte mineralogiche e geologico-litologiche dell'Università di Torino

Le raccolte mineralogiche e geologico-litologiche del Museo di Mineralogia e Petrografia dell'Università di Torino sono di notevole interesse storico, scientifico, didattico e ostensivo.

La collezione mineralogica è costituita da 16547 campioni ed è suddivisa nelle seguenti sottosezioni:

  • Sistematica. Comprende alcune significative sottosezioni topografiche e tematiche di interesse storico e scientifico spesso con valenza ostensiva. I campioni provenienti dalle miniere di Brosso e Traversella (Valchiusella) con gli esemplari tra i più importanti al mondo da un punto di vista scientifico ed estetico. I campioni della Val d'Ala (Pian della Mussa, Balme e Ala di Stura) sono studiati da ricercatori, italiani e stranieri, da oltre due secoli;
  • Minerali del Vesuvio, derivata dagli scambi effettuati nel XIX secolo con il Museo di Mineralogia di Napoli, poi integrata dalle raccolte di Ferruccio Zambonini, direttore del Museo di Mineralogia dell'Università di Torino all'inizio del XX secolo;
  • Cristalli. Esemplari in parte tagliati, montati su sostegni metallici fatti a mano, con basette e cartellini risalenti alla seconda metà del XIX secolo;
  • Gemme, montate su sostegni metallici con basette e cartellini del XIX decolo, e manufatti in pietre dure e semi-preziose;
  • Meteoriti, con esemplari di importanza mondiale.

La collezione geologico-litologica è costituita da circa 4000 esemplari ed è descritta in parte nel Catalogue raisonné de la collection mineralogique du Musée d'Historie Naturelle du Turin, redatto dall'abate Stefano Borson nel 1830, primo nucleo delle collezioni mineralogiche e geologiche torinesi. Notevole interesse storico hanno le seguenti raccolte studiate recentemente da ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino e del MRSN:

  • Minerali e rocce dall’Egitto, realizzata nella prima metà del XIX secolo (collezione Boreani-Pollonera);
  • Campioni di minerali e rocce raccolti durante la spedizione della nave "Stella Polare" (1898-1900), sotto la guida di Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi.
Vesuvianite. Cristallo prismatico allungato e striato associato a diopside, granato e clorite (Pian della Mussa, Balme, Val d’Ala, Torino, Piemonte, Italia)

La Collezione di Meteoriti

Dal XIX secolo…
La collezione di meteoriti ebbe inizio nel 1840, anno in cui presso Casale Monferrato precipitò una condrite H5 di circa 5 kg, poi nominata CERESETO. La meteorite fu consegnata ad Angelo Sismonda, Direttore del Museo dell’Università di Torino, il quale ne scambiò alcune porzioni con frammenti delle meteoriti ORVINIO, HESSLE, STAUNTON, BOHUMILITZ, MILENA, EAGLE STATION, ASSISI, BRAUNAU, FOREST CITY e WICHITA.
Al MRSN è conservato il Catalogo delle Meteoriti del 1886, in cui ne sono registrate una cinquantina, acquisite tramite scambi, acquisti, donazioni o pervenute per invio diretto, in quanto all’epoca era d'uso consegnare al museo ritrovamenti considerati “strani”.

… a oggi
La collezione è stata a lungo accessibile soltanto ad alcuni studiosi, ma in tempi più recenti, grazie a Roberto Compagnoni (Università di Torino) e Gabriel Iancu (Università di Iasi, Romania), alcuni campioni sono stati riportati all’attenzione della comunità scientifica.
A partire dal 2007, la raccolta è stata interamente revisionata dal personale del museo per verificarne lo stato di conservazione e di aggiornamento catalografico. Si è provveduto a documentare fotograficamente tutto il materiale e ad aggiornarne la classificazione. L’esito del lavoro è il Catalogo delle Meteoriti del Museo di Mineralogia e Petrografia dell'Università e del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, pubblicato nella serie Cataloghi (XVIII, 2018) edita dal museo stesso.

Dieci importanti meteoriti italiane
Il MRSN ospita una raccolta di dieci meteoriti cadute in territorio italiano: ALESSANDRIA, ALFIANELLO, ASSISI, CERESETO, COLLESCIPOLI, MOTTA DI CONTI, ORVINIO, SIENA, TRENZANO e VIGARANO. Quest’ultima, in particolare, costituisce una fra le testimonianze più antiche della formazione del Sistema Solare.

Ritrovamento eccezionale!
Durante la revisione della collezione, è stata rinvenuta una busta contenente frammenti di una meteorite ferrosa, caduta nel comune di Montemagno (AT) il 17 febbraio 1935, e una lettera di descrizione della caduta, riportata anche dai quotidiani dell'epoca. Il materiale, analizzato dal Laboratorio di Microscopia Elettronica e Microanalisi EDS del Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche dell'Università di Torino, sembra indicare che si tratti di un ritrovamento sconosciuto alla comunità scientifica.

Frammenti ossidati della meteorite caduta presso Montemagno (Asti) il 17 febbraio 1935.
Meteorite Motta dei Conti. Condrite a Olivina e bronzite caduta il 29 febbraio 1868 a Villanova Monferrato (Alessandria).
Condrite carboniosa caduta a Orgueil (Francia) il 14 maggio 1864

La collezione di minerali e rocce dell’Egitto

La collezione, composta di 755 esemplari. I cartellini di accompagnamento sono stati riscritti nei primi anni del ‘900, scegliendo di sostituirli a quelli originali. La conseguente perdita di informazioni e la mancanza di un catalogo storico hanno ostacolato le indagini storico-geografiche.

Il ritrovamento di frammenti manoscritti all'interno di sacchetti contenti campioni di sabbia che riportavano una data (14 gennaio 1838) e il nome di una località (distretto di Fazoglo) ha permesso, attraverso ricerche incrociate tra la Biblioteca del Museo delle Antichità Egizie e l'Archivio di Stato di Torino, di ipotizzare che la raccolta sia stata allestita dall'ingegnere minerario Carlo Boreani, in collaborazione con l'avvocato Giovanni Pollonera. I due piemontesi, che operavano in Egitto al servizio del viceré Mohammed Alì, parteciparono, tra il 1837 e il 1839, alla spedizione organizzata nel Fazoglo. Erano, pertanto, presenti nei luoghi e nel periodo in cui, secondo i dati disponibili, è stata realizzata la collezione.

Selezione di rocce e minerali appartenenti alla collezione proveniente dalla spedizione in Egitto di Carlo Boreani.

Le rocce e i plastici dell'Università di Torino

Le raccolte geologico-litologiche provenienti dal Museo di Geologia e Paleontologia dell'Università di Torino sono costituite da 132 collezioni, alcune di valore storico, altre di interesse scientifico. Si tratta di 13138 campioni, per complessivi 26884 esemplari.

Le collezioni più importanti raccolgono:

  • campioni dei trafori ferroviari del Frejus e del San Gottardo e della galleria autostradale del Monte Bianco;
  • campioni delle Alpi Occidentali, raccolti in oltre un secolo e mezzo da ricercatori dell'Istituto di Geologia dell'Università di Torino;
  • campioni rappresentativi di fenomeni geologici;
  • rocce e fossili della Libia, realizzata all’inizio del ‘900;
  • rocce della Sardegna, allestita a metà dell’800 dal generale Della Marmora;
  • rocce dell'Argentera;
  • sezioni sottili di rocce (oltre 9000 vetrini);
  • plastici geologici e geografici, tra i quali quelli del Monte Bianco e delle Alpi Apuane.

La raccolta di plastici è costituita da una serie di modelli dei primi anni del ‘900, da 17 esemplari realizzati presso l'Istituto di Geologia dell'Università di Torino negli anni 60 - 70 dello stesso secolo, da 14 plastici didattici di piccolo formato e da 16 plastici in bianco (impronta e controimpronta) dell'area tra il Lago di Garda e la valle del Brenta, realizzati da Domenico Locchi tra il 1916 e il 1918.

La maggior parte di questi è in fase di recupero e restauro. Tra i pezzi ripristinati, di particolare valore espositivo è il plastico delle Alpi Apuane, realizzato da Amedeo Aureli nel 1913 sulla base dei rilievi geologici eseguiti dal geologo e mineralogista Domenico Zaccagna, per oltre mezzo secolo collaboratore dell'Ufficio Geologico Italiano. Copie dello stesso plastico sono conservate in altri musei italiani.

Plastico geologico delle Alpi Apuane. Realizzato da Amedeo Aureli nel 1913.

La collezione di rocce del traforo del Fréjus

Il "miracolo" della perforatrice ad aria compressa
Il traforo ferroviario del Fréjus (12234 metri) fu ultimato in tredici anni (1857 – 1870), contro i venticinque previsti, grazie alla perforatrice ad aria compressa progettata da Giovanni Battista Piatti e perfezionata da Germano Sommelier.

Rocce estratte affidate ai più importanti musei
Il tracciato del tunnel, che si estende in linea retta, ad eccezione dell'ultimo tratto del settore francese, tra Bardonecchia e Modane, fu elaborato sulla base dei rilevamenti del geologo Angelo Sismonda, che destinò copie della collezione di rocce estratte durante i lavori ai più importanti musei naturalistici d'Europa.

Tutte le pietre della collezione petrografica
La raccolta petrografica (570 esemplari), utilizzata come base geologica per la progettazione del tunnel autostradale del Fréjus, consta di arenarie, calcari, calcari dolomitici, dolomie, anidridi, gessi, scisti carboniosi, argilloscisti, calcescisti, cloritoscisti, talcoscisti, quarziti e marmi.

Profilo longitudinale e pianta generale del Traforo del Frejus.

La collezione di rocce e fossili della Sardegna

La raccolta (574 campioni) fu realizzata, a partire dal 1819, dal generale Alberto Ferrero della Marmora. Le tre copie in cui fu allestita furono destinate alla Galleria di Mineralogia e Geologia del Jardin des Plantes di Parigi, al Museo di Geologia di Cagliari e al Museo Mineralogico di Torino.

La riorganizzazione nel dopoguerra
Durante le operazioni di riordino (1985 – 1990) sono stati rivenuti solamente 411 campioni. Gli altri sono andati perduti durante il bombardamento di Torino dell’agosto 1944, che non risparmiò Palazzo Carignano, allora sede del Museo di Geologia.

La collezione oggi
La raccolta è stata utilizzata per allestimenti a Torino, Biella, Cagliari e Monteponi (Iglesias).

Campione di breccia vulcanica con il supporto originale della fine del XIX secolo.

La collezione di fenomeni geologici

La collezione raccoglie oltre 750 campioni che rappresentano l'estrema variabilità macroscopica dei materiali che si formano in seguito ad eventi e processi geologici. I

Che cos'è un fenomeno geologico?
Il fenomeno geologico è la rappresentazione di un momento di un processo (fisico, chimico, biologico, climatico-ambientale) che porta alla formazione di una roccia, non la roccia in sé stessa. Una campione di arenaria non è un fenomeno geologico, ma se in quell'esemplare è osservabile una struttura di sedimentazione particolare, allora quel pezzo di arenaria rappresenta un particolare fenomeno geologico. Non tutti i campioni di roccia sono indicatori di fenomeni geologici, così come non tutti gli eventi geologici trovano corrispondenza in un determinato materiale. Spesso una roccia è il risultato di più fenomeni sovrapposti, di cui possono o meno rimanere tracce evidenti.

Nuovo metodo di catalogazione
Le attività geologiche che generano strutture ben visibili sono il vulcanesimo, la tettonica, la mineralogenesi, il carsismo, la sedimentazione, la fossilizzazione. L’esito sono oggetti spesso spettacolari dal punto di vista ostensivo, come le grandi pieghe, le lave a corda intrecciate, i "ferri delle paludi" e le perle di grotta. La molteplicità delle linee interpretative della collezione hanno portato, durante le operazioni di riordino, a elaborare un nuovo metodo di catalogazione dei fenomeni geologici, tuttora in fase di sperimentazione.

Calcescisto ripiegato a “S”. Esempio di deformazione plastica delle rocce

La collezione di rocce e fossili della Libia

Tripolitania e Cyrenaica…
Con la conclusione della guerra italo-turca (18 ottobre 1912), la Turchia rinunciò al controllo amministrativo della Tripolitania e della Cirenaica, occupate militarmente dall'esercito italiano. A seguito del passaggio all'Italia dei territori libici, furono organizzate campagne di studio con lo scopo di caratterizzare dal punto di vista geologico le aree conquistate. I risultati furono presentati al Congresso della Società Geologica Italiana, svoltosi in Tripolitania nel 1932.

...in 2300 campioni
La collezione paleontologico-stratigrafica della Libia (oltre 2300 esemplari) è costituita da rocce sedimentarie, quali brecce calcaree e dolomitiche, conglomerati, ghiaie, arenarie e calcareniti, sabbie, silts e argille, calcari e calcari dolomitici, calcari oolitici, lumachelle, dolomie, marne, selci e diaspri, gessi, limoniti, quarziti e scisti marnosi.

Le collezioni mineralogiche e geolitologiche

Le collezioni mineralogiche sono il risultato dell’integrazione delle raccolte provenienti dall’Università di Torino con esemplari, di grande impatto estetico e didattico, provenienti da tutto il mondo.
Spiccano, per interesse scientifico e completezza, la sezione dedicata ai minerali delle Valli dell'Ossola (Verbania) e la sub-collezione dei minerali-tipo (sessanta tra olotipi e cotipi).
Attualmente il museo conta 16400 esemplari.

Tra le raccolte geologico-litologiche (4800 esemplari, 1600 sezioni sottili), spiccano le seguenti:

  • collezione del prof. Alberto Pelloux, mineralogista e petrografo dell'Università di Genova, presidente della Società Geologica Italiana nel 1934. Si tratta di 500 esemplari di valore didattico e ostensivo e 600 sezioni sottili per lo studio delle rocce;
  • collezione di 800 sezioni sottili, provenienti da tutto il mondo, del prof. Giorgio Spezia, direttore del Museo di Mineralogia e Petrografia dell'Università di Torino tra il 1878 e il 1911;
  • collezione di 400 lastre di materiali lapidei ornamentali e da costruzione che rappresentano la produzione del settore presente oggi sul mercato italiano;
  • collezione di "pietre figurate", sviluppo di una mostra realizzata dal museo nel 1996. Si tratta di lastrine di paesine, agate e pierres immaginaires (dioriti, trachiti, calcari, arenarie, marmi, quarziti, gneiss, migmatiti) sulla cui superficie compaiono svariate figure (grotta, guglie, pozzo, vele, paesaggio collinare).
  • collezioni di rocce delle Valli di Lanzo, Val di Susa, Gran Paradiso, Langhe e Monferrato (Piemonte), acquisite attraverso campagne di raccolta del museo.
Berillo varietà acquamarina su muscovite (Pakistan)

La collezione giacimentologica

I 4.000 campioni della collezione provengono dalle principali località minerarie italiane e da siti esteri. In molti casi rappresentano la sequenza stratigrafica tipica della località mineraria: strati di roccia sterile, porzioni di roccia mineralizzata e cappellaccio di alterazione superficiale.
Un database ne raccoglie aspetti geologici, giacimentologici, storici, iconografici e di recupero ambientale.
Alla Sardegna, da cui proviene la maggior parte dei campioni, sono dedicati 3 video intitolati "Sardegna tra storia e attività estrattiva" e i relativi approfondimenti tematici.

Dal paleolitico inferiore all'età del bronzo
Il video fa parte di un piano di lavoro che tratta il tema dell'utilizzo millenario delle risorse minerarie della Sardegna da vari punti di vista: storico, ambientale, giacimentologico, minerario e tecnologico.

L’arco temporale di riferimento (100.000 anni), ha reso necessario dividere la trattazione in più parti: dalle ere glaciali del Paleolitico, durante le quali la regressione del mare produsse un collegamento tra Toscana, Elba, Corsica e Sardegna (selce e ossidiana rinvenibili in superficie sono testimoni di questo evento geologico), passando per il Neolitico, caratterizzato dalle prime evoluzioni tecnologiche (la realizzazione di utensili), fino alla Civiltà Nuragica, contraddistinta dall’estrazione di minerali e dalla metallurgia.

Funtana Raminosa | Sardegna tra storia e attività estrattiva
Funtana Raminosa è un sito minerario millenario che ha segnato il destino di più civiltà. Prima i nuragici, attratti dalla colorazione particolare del fiume Flumendosa, poi i romani, quindi le popolazioni autoctone. Nonostante la chiusura (1987) le mineralizzazioni di rame, ferro, piombo e zinco non sono affatto esaurite.

Rosas: il presente che valorizza il passato e lo consegna al futuro
La prima parte del video si focalizza sulla storia geologica del sottosuolo di Rosas: dal Cambriano, 500 milioni di anni fa, alla trasformazione dei sedimenti, nel corso del tempo, in giacimenti di solfuri di piombo, zinco, rame e ferro.
La seconda è dedicata alla valorizzazione del sito grazie alla combinazione di più fattori: i finanziamenti pubblici, l'entusiasmo di ex minatori e giovani che hanno recuperato il complesso ottocentesco della laveria dalle pareti lignee, l’ottimo stato di conservazione di numerose gallerie e il fatto che i principali macchinari per la lavorazioni del materiale estratto sono funzionanti.

APPROFONDIMENTO

Angelo Sismonda

Angelo Sismonda (Corneliano d’Alba, 1807 – Torino, 1878) si appassionò alla mineralogia seguendo prima le lezioni di Étienne Borson, titolare della cattedra di mineralogia presso l’Università di Torino, poi quelle di Élie de Beaumont e di altri mineralogisti alla Sorbona, all’École des mines e al Muséum d’histoire naturelle a Parigi. Nel 1828 fu richiamato a Torino da Borson, che gli offrì l’incarico di assistente e poi quello di professore sostituto. Alla morte di Borson, divenne titolare della cattedra e nel 1833 ottenne la direzione del Museo di Geologia e Mineralogia. Nel 1834, durante un’escursione scientifica sulle Alpi marittime e sugli Appennini liguri, assieme a Élie de Beaumont e Ours-Pierre-Armand Dufrénoy, rispettivamente ispiratore e direttore della prima carta geologica della Francia, maturò l’idea di realizzare un’analoga carta geologica del Piemonte e della Savoia.

Nel 1846 venne incaricato dal Re Carlo Alberto di provvedere alla stesura di una Carta Geologica di massima degli Stati Sardi in Terraferma. La prima edizione di questa, revisione e sintesi dei rilevamenti parziali pubblicati in precedenza, fu realizzata tra il 1862 e il 1866, per cura del Governo di S.M. Vittorio Emanuele II Re d’Italia. Colorata ad acquerello su base topografica del 1857 e montata su tela, la Carta costituisce il primo esempio di cartografia geologica ufficiale del neonato Stato Italiano. È inclusa anche una legenda composta da 20 caselle e un elenco dei minerali utili, nonché le principali masse di lignite, antracite e gesso, oltre alle sorgenti di acque minerali. In particolare per la prima volta vengono attribuiti al Giurassico i terreni metamorfici della Zona Piemontese (gli attuali calcescisti) ritenuti fino ad allora molto più vecchi (archeozoici).

Sismonda contribuì anche al progetto della galleria del Fréjus, opera considerata irrealizzabile a causa della lunghezza (circa 12 km), ma che risultò possibile grazie all’impiego di un nuovo perforatore pneumatico messo a punto da Germano Sommeiller.
L’opera fu conclusa nel 1870, dodici anni prima del previsto.
Fu membro dell’Accademia delle Scienze di Torino, dell’Accademia Leopoldina, della Società italiana delle Scienze, della Pontificia Accademia dei nuovi Lincei e della Società reale di Napoli.
Nel 1953 divenne preside della Facoltà di Scienze e direttore della Scuola di Farmacia.
Negli ultimi anni subì una duplice amarezza: la messa in discussione delle teorie litogenetiche di Élie de Beaumont, sulle quali aveva fondato le sue ricostruzioni geologiche alpine (smontate da Quintino Sella e Felice Giordano) e il trasferimento del Museo di Geologia e Mineralogia a Palazzo Carignano, dove il criterio espositivo a gradini, di cui era un convinto sostenitore, fu abbandonato.

INFORMAZIONI

Massimiliano Senesi,
conservatore sezione di Mineralogia, Petrografia, Geologia.

massimiliano.senesi@regione.piemonte.it.
Tel.: +39 011 4323078

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